Il nostro amico Giandomenico mi ha chiesto di partecipare, almeno con un contributo scritto, alla Route di
Mezza Estate, non potendo di persona per i motivi di salute a Voi noti; ho accettato di buon grado e spero,
con questa breve nota, di rispondere utilmente.
Indubbiamente, nel cercare di esprimere il mio punto di vista sull’argomento proposto, mi mancano gli
spunti di riflessione derivanti dalle vostre parole, che avrebbero certamente arricchito l’analisi degli
argomenti che mi accingo ad affrontare; spero mi scuserete per tutte le parzialità contenute in questo
scritto.
Nel metodo scout, che conosciamo, soprattutto per la branca Rover, si parla diffusamente dell’esperienza
della “strada”, come luogo di incontro e di confronto con gli altri, e come mezzo metaforico di SERVIZIO
verso tutti coloro che “incontriamo” lungo la strada della vita. Non a caso ci salutiamo con un “Buona
strada”.
Tuttavia, ritengo che le occasioni del cammino reale e non metaforico, sia in solitudine che in compagnia, e
possibilmente in luoghi poco frequentati e in contatto con la natura, magari nel silenzio e nel buio della
notte, permettano di parlare con noi stessi senza quelle interferenze e quelle distrazioni esterne che
disturberebbero non solo la concentrazione, ma anche la sincerità dei nostri pensieri.
Marciare insieme può costituire, il più delle volte, occasione per scambiarsi risposte alle nostre domande,
chiarimenti ai nostri dubbi, argomenti per riflettere sulla necessità di portare correzioni a comportamenti o
a convinzioni che nella “confusione” del vivere corrente non abbiamo il tempo né il modo di riconoscerci.
Ciò senza sminuire, tuttavia, la ricchezza del cammino solitario, che consente una maggiore introspezione
soprattutto nel silenzio notturno, rotto solamente dai rumore dei propri passi. E quando le condizioni lo
permettono, la compagnia del manto stellare, nel quale è possibile riconoscere stelle e costellazioni, e
misurare il tempo dal loro movimento, aiuta a mettere ordine ai propri pensieri e ai propri ricordi.
Personalmente credo che nessuno strumento tecnologico possa intensificare o sostituire le esperienze che
si possono vivere in solitudine o in compagnia silenziosa, soprattutto nelle marce notturne, ma anche in
quelle di percorsi che consentono la visione del paesaggio o di sentieri boscosi.
Inoltre ritengo che non sia secondaria la fatica fisica, che a volte accompagna il cammino, soprattutto su
sentieri di montagna; tale fatica, come sappiamo bene, è spesso dura e ci invoglia a desistere o a fermarci
per un riposo. Fermo restando che il riposo fa parte del cammino, la fatica è anche una misura della nostra
tenacia, che ci porta a dirci “ancora un tratto …; dopo quel dosso …. ; sotto quella pianta …. e così rinviando
anche di poco il momento del riposo ci alleniamo a resistere alla fatica, finché possibile, e rinforziamo la
nostra tenacia.
Inoltre la marcia non solitaria consente di parlare, e di sentire la condivisione della fatica; passare al
compagno di cammino la borraccia per un sorso d’acqua è un gesto solo apparentemente di scarsa
importanza!!
Per questi motivi ritengo che le occasioni di incontro con amici comuni, attraverso il cammino e la fatica
fisica siano ancora occasione di personale crescita interiore e di consolidamento delle amicizie.
Non a caso, quindi, l’emblema della vita scout in età da rover è “la strada”!
BUONA STRADA A TUTTI
Antonio Levy,
Giugno 2020
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