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sabato 12 marzo 2011

 Nella data anniversaria del 17 Marzo 2011

Dal Primo al Secondo Risorgimento

Nel giugno 1943 in Italia vi erano due soli poteri: quello rappresentato dalla Monarchia e quello rappresentato dal Fascismo. E questo era l’asseto del potere statale creato nel 1922 e affermato, in modo autoritario, che pose fine al regime parlamentare erede del Risorgimento, con le leggi fascistissime del 3 gennaio 1925.
Senza entrare nel “come”, questo si verificò, a meta settembre 1943, tre mesi dopo, questi due poteri si erano completamente liquefatti. Il Fascismo, con la decretazione del Gran consiglio del Fascimo convocato il 24 luglio 1943, decreto la sua fine. L’intervento di Dino Grandi, quadrunviro della Rivoluzione fascista in questo consesso di soli fascisti, ammise a chiare lettere che la creazione “dell’uomo fascista” voluto dalla rivoluzione del 1922 era completamente fallito. Occorreva prendere atto, e ancor più prendere atto del fatto che i fascisti dovevano rimettere tutto il potere al Re per uscire dalla guerra e fare fronte comune al nemico che stava invadendo il territorio della Patria. 19 Gerarchi su 25 gli diedero ragione, tanto era evidente la situazione. Il fascismo con atto collegiale democratico così pose fine ala sua esistenza. La Monarchia, erede del patto risorgimentale, si assunse l’onere di far uscire dalla guerra l’Italia. Ma in 45 giorni commise tanti di quei errori che la crisi armistiziale del settembre 1943 la portò praticamente ad essere esautorata. La fuga del re da Roma è il simbolo di questo fallimento. A  Brindisi il suo potere sull’Italia e sugli Italiani era praticamente nullo. Il Risultato pi evidente ed oggettivo di questa situazione fu chiaro: gli Italiani, che vedevano la loro Patria invasa da due coalizioni avversarie che la trasformarono in un campo di battaglia si trovarono soli davanti a loro stessi. Per loro arrivò il momento delle scelte. Svanita l’autorità regia, occorreva intraprendere nuove strade per avere la possibilità di avere un avvenire. Le scelte degli Italiani furono individuali e si diede vita a quella stagione che chiamiamo Guerra di Liberazione, in cui fra gli Italiani si dovette riscrivere un nuovo patto sociale, essendo evidente che quello stretto nel  Risorgimento che porto all’unità d’Italia  nel 1861 con Casa Savoia, per colpa di Casa Savoia, si era ormai sciolto. Le scelte degli Italiani furono convogliate in quei fronti della Guerra di Liberazione, una guerra non dichiarata, che si combatteva a latere della campagna d’Italia, che rappresentano il percorso che si dovette percorrere per conquistare la nostra speranza di essere di nuovo uniti. Una Guerra, quindi, combattuta per una speranza; e come tutte le guerre questa aveva un nemico: la Coalizione Hitleriana che, se avesse trionfato, sicuramente non avrebbe permesso una Italia Unità. Già il 15 settembre 1943 questa volontà germanica di dividere l’Italia si era manifestata con l’incorporazione nel Rechi dell’Istria e del Friuli Orientale e dell’Alto Adige al Reich. La Repubblica Sociale, frutto delle scelte di quei Italiani che volevano e furono fedeli alla vecchia alleanza, dando vita a quella stagione del fascismo non più movimento ne regime, ma repubblicano, socializzante ed estremistico, componente consenziente in questa coalizione del ruolo mutilato dell’Italia ( Udine, ad esempio; era fuori da ogni sovranità di Salò) combatteva per avere un ruolo subordinato alla Germania. Già Himmler vedeva il Nord Italia come unico Stato, che doveva servire ai tedeschi come terra di vacanze e svago, con Venezia, di cui era innamorato, capitale; naturalmente il resto dell’Italia con i restanti Italiani raccolti in un altro Stato, per non contaminare più di tanto i nordici italiani servitori dei tedeschi. Erano progetti, ma le intenzioni erano chiari.
 Chi combatteva la realizzazione di  questo futuro erano quei italiani che non accettavano da una parte le scelte pro tedesche e dall’altra che si affidavano al destino, combattendo una  guerra che, una volta terminata, non garantiva alcunché, ben consci che il destino dell’Italia sconfitta, era nelle mai dei vincitori Anglo Americani. Ma questi avevano promesso che il destino dell’Italia in parte sarebbe anche dipeso dal contributo che gli Italiani avrebbero dato al loro sforzo per sconfiggere la coalizione Hitleriana. Era una debole speranza, ma sempre una speranza.
E chi scelse di combattere, seguì questa via, in varie maniere, frutto delle scelte individuali. Chi arruolandosi nelle fila delle forze combattenti ed ausiliare del Regno del Sud, chi partecipando al movimento ribellistico al Nord, entrando nelle formazioni autonome, gialline, socialiste, comuniste, cattoliche, chi, all’estero, entrando nei movimento di resistenza locali in Jugoslavia, Grecia, Albania, chi, Internato in Germania rifiutandosi di aderire alla repubblica Sociale Italiana, dando ancora una volta ragione a Dino Grandi in merito al fallimento della creazione dell’”uomo fascista” voluto nel 1922 da Mussolini, e chi, prigioniero, collaborò come cooperatore allo sforzo angloamericano.
Tutto questo impegno permise di stringere un nuovo patto fra gli Italiani che non accendo pi intermediari e con il Referendum Istituzionale scelse la forma repubblicana, dando vita alla Repubblica nata dalla guerra di Liberazione, guerra combattuta per le scelte degli Italiani che decisero di cercare un futuro migliore di quello che la repubblica Sociale prospettava. Democrazia e Libertà furono acquisite con il Trattato di pace del 10 febbraio 1947, ed ora questi due beni sono nelle mani degli Italiani stessi. Possiamo anche rinunciarvi e giocarceli come meglio vogliamo, così come possiamo anche cercare di creare stati e staterelli, come hanno fatto gli Jugoslavi che hanno smembrato la loro federazione in otto statarelli regionali di nessun peso, scelta che non ha portato vantaggi di sorta. Non si sa cosa il futuro ci riserva, ma è un futuro nelle nostre mani. Ma un dato è certo. La guerra di Liberazione, la guerra degli Italiani, fu un secondo risorgimento in cui, come nel primo, combattendo uno straniero, affiancato da quei Italiani che non credono nella Unità nazionale, si creò una Patria comune in cui per ben 150 il nostro progresso morale, materiale, economico e culturale è stato enorme.
Nella data anniversaria del 17 marzo 1861 questi sono i commenti di chi partecipò e di chi godette sessanta anni di progresso e prosperità di un Italia trasformata dalla insipienza di pochi e di chi tradì il patto risorgimentale  in quello che prima dell’Unità si compiaceva da chi l’occupare definire il nostro Paese “una semplice espressione geografica”. (massimo.coltrinari@libero.it)



venerdì 4 marzo 2011

Pierivo Facchini
LA CAMPAGNA DI TUNISIA 1942 – 1943
Edizioni Nuova Cultura, Roma 2010
Pagine 258 - € 18,00

Anno 1942, dopo quasi due anni di combattimento il Teatro Mediterraneo e Nordafricano, considerato inizialmente di secondaria importanza, diviene di primario interesse sia per gli Alleati sia per le forze dell’Asse. I vertici politico-militari anglo-americani, comprendono che l’Africa Settentrionale rappresenta l’ulteriore fronte che deve essere aperto allo scopo di distogliere i contingenti italo-tedeschi dagli altri fronti (come promesso a Stalin) e di favorire la penetrazione nel continente europeo secondo l’approccio strategico “indiretto” tanto caro allo Stato Maggiore inglese. Di contro, il controllo del Nord Africa e, soprattutto dell’Egitto, rappresenta per l’Asse la porta privilegiata per il Medio Oriente ed i suoi giacimenti petroliferi. Inoltre, entrambi i contendenti si rendono conto che un’estromissione dal continente africano significherebbe la definitiva perdita dell’altalenante superiorità aeronavale nel Mediterraneo.
Il mese di novembre 1942 rappresenta il punto di volta delle operazioni in Africa Settentrionale. L’Armata Corazzata Italo-Tedesca (A.C.I.T.) comandata dal Feldmaresciallo Rommel, dopo la sconfitta subita nella seconda battaglia di El Alamein inizia la sua ritirata verso la Libia (4 novembre), quattro giorni dopo gli Alleati, sotto il comando operativo del Generale Eisenhower, sbarcano nel Marocco Francese ed in Algeria (Operazione Torch) e soli tre giorni dopo, con inaspettata rapidità, le forze dell’Asse avviano un ponte aero-navale con la Tunisia che in breve gli consente di consolidare una testa di ponte includente Biserta e Tunisi ed a porre in sicurezza la linea di collegamento con la Libia.
Ha così inizio la Campagna di Tunisia che, a dispetto della veloce corsa verso Tunisi prevista dagli Alleati per accerchiare ed annientare l’A.C.I.T., si trasforma in una lunga teoria di operazioni belliche.
L’autore, con uno stile volutamente privo di enfasi e di retorica, dopo aver delineato il quadro politico, economico, sociale e militare di ciascuna delle potenze che hanno preso parte alle attività belliche nel continente africano, descrive in ordine cronologico gli avvenimenti che hanno caratterizzato la Campagna di Tunisia, attirando il lettore in una lettura senza pause. Inoltre, le cartine, le foto, i grafici delle varie battaglie, gli ordini di battaglia e gli organigrammi dei vertici politico-militari dei Paesi coinvolti nelle operazioni si integrano perfettamente nel testo e rendono agevole la comprensione delle varie vicende.
Il testo descrive i sei mesi di combattimenti, poco conosciuti e perlopiù trattati come “appendice” della più famosa battaglia di El Alamein, durante i quali a felici intuizioni tattiche si contrappongono macroscopici errori a livello strategico, operativo e tattico che influenzano il corso delle operazioni belliche portando alternativamente una delle due parti vicina al raggiungimento del proprio obiettivo. A dispetto, infatti, di quanto superficialmente scritto circa l’inevitabilità della vittoria alleata in considerazione della notevole sproporzione delle forze che si fronteggiano, la condotta delle operazioni dimostra chiaramente l’impreparazione del vertice italo-tedesco di poter affrontare un conflitto su larga scala. Lo sviluppo della Campagna di Tunisia dimostra come le ragioni di un successo o di una sconfitta, invero, derivano da una molteplicità di fattori che spaziano dall’ambito politico a quello militare, all’intelligence, allo sviluppo tecnologico ma, soprattutto, derivano dalla capacità professionale del vertice politico e militare che, nel caso dell’Asse, si rileva particolarmente carente. La sconfitta delle forze dell’Asse in Tunisia, nonostante la tenace resistenza offerta dalle armate italo-tedesche al fine di respingere gli Alleati od, almeno, di ritardare l’evacuazione del Nord Africa, a cui inevitabilmente sarebbe seguita l’invasione della penisola italica, risiede soprattutto in una non adeguata organizzazione politico-militare a livello sia strategico, sia operativo. I vertici politico–militari dell’Asse palesano una pervicace incapacità di comprendere lo sviluppo delle vicende belliche e, contrariamente a quanto posto in essere dal Comando Operativo alleato, non sono in grado di analizzare gli errori commessi e di modificare di conseguenza le linee di azione, facendo sì che la pianificazione delle operazioni risulti scriteriata e non in armonia con la reale situazione sul campo.
La mancanza di una visione coerente della situazione in Africa Settentrionale e le conseguenti imprecise direttive emanate dal vertice militare portano ad un insuccesso che ha influenzato notevolmente sulle sorti dell’intera Seconda Guerra Mondiale.
La sconfitta italo-tedesca nella Campagna di Tunisia, infatti, resa ancor più devastante dalla cattura delle due importanti ed esperte armate dell’Asse (la V Armata Panzer del Generale Von Arnim e la I Armata del Generale Messe per un totale di circa 175.000 uomini) e dalla perdita di 12.200 uomini tra morti e dispersi, faciliterà, infatti, lo sbarco alleato in Sicilia e l’apertura di un nuovo fronte direttamente in Europa costringendo, nel contempo, le forze dell’Asse ad alleggerire la pressione sugli altri fronti.
Il libro si conclude con un’analisi alquanto dettagliata della vicenda storica per ottenere degli ammaestramenti che dal punto di vista strategico ed operativo possano essere tutt’oggi validi ed applicabili nella vasta gamma di operazioni condotte dalle nostre Forze Armate.