Come annunciato, martedì 18 marzo 2014, si è tenuta una conferenza alla Sezione UNICI di Spoleto dedicata alla occupazione di Monte Marrone, nelle Mainarde, ad opera del Battaglione Piemonte, inquadrato nel I Raggruppamento Motorizzato al comando del gen. Utili.
Introdotto dal Presidente, Gen. Antonio Cuozzo, Massimo Coltrinari ha tratteggiato ed illustrato i tratti salienti di questo importante evento, sottolinenando che servì a dare credibilità agli Italiani, dopo le vicende di Montelungo.
Un interessante dibattito è seguito alla presentazione.
Riportiamo un brano tratto dal volume in preparazione
"Il Corpo Italiano alla liberazione di Ancona"
giugno-luglio 1944
dedicato a Monte Marrone
Monte Marrone. (31
marzo 1944)
Un aspetto che fu favorevole al mantenimento del I° Raggruppamento Motorizzato come unità
combattente fu il fatto, noto, che gli Statunitensi non avevano dimestichezza
ed esperienza nella guerra in montagna. Il più moderno e meccanizzato esercito
del mondo si trovava in difficoltà sul terreno appenninico dell’Italia
meridionale, soprattutto in termini di alimentazione logistica: i soldati
statunitensi dovettero imparare a “condurre” i muli e tutto quello che
significava in termini di salmerie ed altro. Il cap. Silvestrini istituì corsi
di alpinismo, scii e sopravvivenza in montagna per le truppe statunitensi, che
furono molto apprezzati; quello che definitivamente fece propendere la bilancia
verso il mantenimento di forze italiane di combattimento fu l’impresa del
battaglione “Alpini” Piemonte. In
realtà non fu una azione di guerra, ma una difficile occupazione, di sorpresa,
del massiccio di Monte Marrone, 1770 metri di altezza, sperone avanzato del
Parco d’Abruzzo, dall’alto del quale di dominava una vastissima area.
Arrivati in zona il
22 marzo 1944, riconosciuta la posizione, fu elaborato il piano per la
conquista della vetta di Monte Marrone, che i tedeschi non presidiavano
d’inverno in quanto coperta di neve. Le informazioni davano questa situazione,
ma vi era la possibilità che elementi tedeschi fossero presenti, quindi non era
escluso un combattimento ravvicinato. Ma tutta la preparazione per l’impresa di
Monte Marrone fu accurata. Il colonnello Ettore Fucci, vice comandate del I Raggruppamento Motorizzato e
comandante della fanteria, fu l’acculato estensore dell’ordine di operazione
per l’occupazione di Monte Marrone, che diresse dal suo Posto Comando in Val
Petrara.
Il capitano degli
alpini in sevizio di Stato Maggiore, Augusto de Cobelli andò di persona a
riconoscere le posizioni di Monte Marrone, mentre a Montelungo nessuno aveva
avuto la possibilità di provvedere alle necessarie ricognizioni, di modo che
gli itinerari seguiti dal battaglione “Piemonte” erano ben conosciuti.
Se l’occupazione fu una impresa degna di nota, il valore di
Monte Marrone dal punto di vista militare fu dato dalla sua difesa. La
relazione del comandante il battaglione, magg. Briatore, è una sintesi estrema,
ma efficace, della difesa di questa posizione.
“ Alle 3,25 del 1 aprile 1944 le vedette
avanzate della 1a compagnia alpini, schierate tra la q. 1770 di Monte Marrone e
la selletta a nord della quota, udivano rumori sospetti provenienti dal bosco
antisante. La visibilità era nulla a causa dell’oscurità notturna e della fitta
nebbia. Poco dopo, lo scoppio di una mina confermava il sospetto che si trattasse di un attacco nemico. Dato
l’allarme, le truppe si schieravano prontamente nelle loro posizioni. Alle 4,30
cadevano sulle nostre posizioni numerosi copi di mortaio e di artiglieria e di
bombe lanciate con fucili lancia bombe e subito dopo avveniva l’assalto nemico,
accompagnato da fuoco d armi nemiche. I tedeschi si lanciarono contro le nostre
posizioni al grido di assalto e nonostante la grande reazione di fuoco delle
nostre armi, un aliquota di essi riusciva a superare la cintura del reticolato
ed infiltrarsi nella nostra
organizzazione difensiva ove si accendeva una
mischia violenta a colpi di bombe a mano con tiri di moschetti
automatici. Il pronto intervento dei pochi elementi di manovra ed in special
modo degli esploratori e di una squadra di fucilieri della 3a compagnia,
riusciva a respingere gli attaccanti che, approfittando della oscurità e del fitto bosco, ripiegarono
precipitosamente sulle posizioni di
partenza. Il combattimento durato circa
due ore. Le forze attaccanti sono da valutarsi, anche per le dichiarazioni di
un tedesco prigioniero, superiori al centinaio. I tedeschi che hanno
partecipato all’azione appartengono a reparti Alpinjager ed indossavano tute
bianche. Perdite nostre: 1 sottufficiale morto, 5 alpini feriti da schegge di
mortai e da bombe a mano. Perdite nemiche 2 soldati morti accertati, 1 soldato
prigioniero .Presumibilmente le perdite del nemico sono state molto gravi
essendo state notate nella neve numerose macchie di sangue e tracce di corpi
trascinati. E’ stato rastrellato il seguente materiale: n. 2 mitragliatrici, 3 pistole
mitra (parabellum), 4 fucili Mauser con lanciabombe, 1 pistola lanciarazzi,
canne di ricambio per mitragliatrici, 5 cassette porta munizioni, 1 barella
porta feriti, 30 caricatori mitra, 20 bombe per Mauser lanciabombe, 9 bombe a
mano. Il comportamento degli alpini è stato, ancora in questa occasione, degno
della massima ammirazione. Mi riservo di trasmettere alcune proposte di
ricompensa al Valor Militare. Sono da segnalare: a) il ritardo nell’intervento
dell’artiglieria nel tiro di sbarramento; b) numerosi colpi dell’artiglieria
caduti sulle nostre posizioni; c) l’imperfetto funzionamento dei collegamenti
telefonici per guasti alle linee causati da tiri di artiglieria (il telefono
della 1a compagnia ha quasi subito cessato di funzionare per la linea colpita
da un colpo di mortaio avversario) e per l’ingombro delle linee determinato
dalle continue premature richieste di notizie da parte dei Comandi superiori.
Firmato. Il magg. Comandante del battaglione A. Briatore”[1]
La occupazione e la mantenuta posizione di Monte Marrone,
nonostante il ritorno offensivo dei tedeschi ebbe una vasta eco positiva in
tutti i Comandi alleati e servì a dare maggiore prestigio alle armi italiane:
gli italiani sapevano fare la guerra, almeno in montagna. Montelungo ed il suo
strascico negativo era ormai superato e le prospettive apparivano più rosee.
Nell’aprile-maggio 1944 le operazioni si svolsero nell’area
delle Mainarde
Il Comando del X Corpo d’Armata Britannico espresse
l’intendimento di affidare al Corpo Italiano di Liberazione operazioni
offensive nella zona di Monte Mare e Monte Cavallo. Scartata l’idea di
attaccare con una azione frontale Monte Cavallo, che cala a picco su Valle
Venafrana, Utili progettò un piano che aveva come idea-base l’aggiramento da
nord dello stesso Monte Cavallo. All’operazione fu dato il nome di Monte
Cavallo. Ebbe inizio la mattina del 27 maggio e cominciò con una avanzata
generale su tutta la
fronte. Tranne che nel settore del 68° reggimento fanteria,
l’avanzata non trovò ostacoli e tutti gli obiettivi assegnati raggiunti, tanto
che Utili dette subito l’ordine di eseguire una azione concentrica da nord e da
sud in direzione dell’unico varco, quota 1961, di monte Cavallo, il quale venne
subito conquistato, mentre reparti del battaglione Piemonte ne estendevano l’occupazione. Le due giornate di
combattimento furono dense di fatti d’arme anche violenti e cruenti e
richiesero un grande sforzo fisico che tutte le unità affrontarono e superarono
in modo brillante. Il Corpo Italiano di Liberazione ormai era una unità su cui
ci si poteva fare affidamento. Il Comando Alleato decise di spostarlo al
settore Adriatico, a complemento del Corpo Polacco. I risultati erano evidenti.
[1] Campanella E., Monte Marrone: Cerniera tra il Primo Raggruppamento Motorizzato ed
il Corpo di Liberazione , cit., pag. 57-58
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