L’epoca precisa in cui nell'antichità i primi
ebrei presero stabile dimora ad Ancona, non possiamo affermarla con certezza.
Potremmo supp01Te comunque che, dati i secolari contatti commerciali della
città con i lontani Paesi del Mediterraneo orientale, alcuni mercanti ebrei di
quei luoghi fossero approdati nel porto di Ancona per effettuarvi scambi di
merci varie e che alcuni di essi vi si siano addirittura rifugiati fin
dall'epoca della distruzione di Gerusalemme, voluta da Tito Flavio Vespasiano
nell'anno 70 d.C. Risulta, comunque, che piccole comunità ebraiche erano già
presenti da lungo tempo in varie località del te1Tit01io italiano, specialmente
nel meridione. Sembra addirittura che a Roma la presenza di ebrei risalga al II
secolo a.C. e cioè quando Giuda Maccabeo attinse alleanza con i romani stessi.
Tornando ad Ancona, la presenza nella nostra città dei primi ebrei viene
collocata dalla Sacerdoti presumibilmente prima dell’anno
1000. Se invece dobbiamo attenerci a documentazioni certe, risulta che la
presenza ebraica ad Ancona e nelle Marche in genere, viene fatta risalire ad
epoca relativamente tarda. Abbiamo infatti notizie sc1itte della presenza di
comunità ebraiche nel territorio di Montegiorgio nei primi decenni del 1200,
ove queste comunità vi esercitavano l'industria del lino, della lana e della
concia delle pelli. Sempre nella stessa epoca, troviamo comunità ebraiche a
Camerino, Pesaro e Recanati.
Ad Ancona,
sappiamo per certo, infine, che gli ebrei avevano una loro comunità nella
seconda metà del sec. XIII e precisamente nell'anno 1269. Infatti, un'elegia
composta in occasione di un forte terremoto che investì Ancona, veniva recitata
dagli ebrei di Ancona nella loro sinagoga. Detta
elegia, può essere considerata come la più antica testimonianza scritta
esistente sulla presenza degli ebrei ad Ancona; essa si trova conservata,
secondo il Rosenberg, nella Biblioteca Palatina di Parma.
Se vi era dunque
una comunità ebraica, con relativa sinagoga, già nel 1269, ciò significa che
gli ebrei si trovavano certamente ad Ancona in epoca precedente quella data.
Col passare
degli anni, la comunità ebraica anconitana aumentò considerevolmente di numero
e già nel 1300 era seconda solo a quella di Roma. Data la consistenza numerica
non indifferente degli ebrei nel suo territorio, Ancona si vantava pe1fino di
essere una delle p1incipali sedi rabbiniche d'Italia.
Dalla seconda
metà del sec. XV, affluivano poi in grande numero i profughi coinvolti dalle
grandi espulsioni decretate dal Portogallo e dalla Spagna ed anche quelli
provenienti dalle zone dell'Italia meridionale.
Quando, nel
1532, la Chiesa sottomise Ancona al suo dominio, la città fu l'unica, con Roma,
in cui gli ebrei vi potevano rimanere indisturbati e fu in quell'epoca che
venne istituito il Ghetto, onde riunirli ed alloggiarli in un'area ben
circoscritta, pur lasciandoli libe1i di esercitare il loro mestiere ovunque. Ma
non passò molto tempo che gli ebrei ad Ancona conobbero un periodo di vita
assai travagliato. Se si eccettua il regno di Paolo III, il quale protesse gli
ebrei e ne incoraggiò perfino lo stanziamento, e anche del papa Giulio III, che
confermò le bolle e previlegi del suo predecessore, il periodo più sofferto fu
quello sotto il papato di Paolo IV, Gian Pietro Caraffa, ex Arcivescovo di
Napoli e poi capo dell'Inquisizione.
Questo Pontefice, a dire il vero, appena
salito al soglio dimostrò di essere benigno verso gli ebrei, ma ben presto
emanò ordini severissimi contro di loro: gli ebrei vennero rinchiusi nel
Ghetto, che fu munito di un solo ingresso e di una sola uscita; dovevano
portare un segno di colore giallo al cappello; dovevano vendere tutte le loro
merci nel giro di soli 10 giorni; non dovevano tenere né servi né bàlie; gli
stabili ed i rustici di loro proprietà dovevano essere venduti entro sei mesi
ed infine, non dovevano intraprendere nessuno studio, salvo l'arte medica, che
però doveva essere esercitata verso loro stessi.
Inoltre, ad aggravare vieppiù le cose, nel
1556, venticinque marrani di origine portoghese, avendo 1ifiutato di rinnegare
la loro fede, furono impiccati e i loro corpi bruciati in località Campo della
Mostra, l'attuale Piazza Malatesta; fra loro vi era pure una donna, tale Donna
Miora, detta la Prudente. Questo tragico evento
scosse profondamente le comunità ebraiche di tutta l'area del Mediterraneo, che
si mobilitarono per la difesa dei loro c01religionaii perseguitati; fu deciso
di boicottare le relazioni commerciali con il p01to di Ancona ed ottennero
anche l'adesione del sultano turco Ottomano il Magnifico; tutto il traffico
controllato dagli ebrei venne dirottato nel vicino porto di Pesaro. Questo
sollevamento in massa ebbe la durata di ben due anni e fu da tutti considerato
come il primo gesto di difesa degli ebrei contro lo strapotere esercitato dal
papato di allora.
Tale periodo storico fu in sostanza il più
sofferto per tutti gli ebrei di Ancona.
In epoca successiva, si ebbe una relativa
tranquillità. Nel 1586, il Papa Sisto V, il marchigiano di Grottammare, Felice
Peretti, con editto del 22 ottobre permise agli ebrei di abitare finalmente in
ogni città dello Stato Ecclesiastico, lasciandoli liberi di praticare il loro
culto nelle scuole e sinagoghe in loro possesso e persino decretò l'abolizione
del segno distintivo voluto allora da Paolo IV.
A seguito di tali libertà, gli ebrei
anconitani uscirono ben presto dallo squallore e si portarono ovunque a
mercanteggiare; di contro parecchi loro c01Teligionari di altre città si
trasferirono ad Ancona, aumentando così notevolmente il numero delle presenze
in città a tal punto che, dopo due anni, e precisamente nel 1588 bisognò
allargare l'area del Ghetto.
Nel 1595, Clemente VIII, avendo constatato
l'enorme vantaggio derivante allo Stato della Chiesa dal fl01ido commercio
degli ebrei, concesse la franchigia al porto di Ancona, autorizzò la Università
dei Mercanti ad istituire un loro consolato e concesse agli ebrei stessi di
poter godere di tutte le agevolazioni avute ai tempi di Paolo III.
Allorché Papa Clemente venne ad Ancona,
nell'aprile del 1598, “le nazioni ebraica italiana e levantina” - scrisse il
Saracini - “che hanno in essa città
le loro scole, o sinagoghe separate, per la strada suddetta larga di Capo di
Monte e in quel sito di essa di S. Marco, con li loro abiti senza cappello gli
italiani e turbante li levantini in testa, tutti genuflessi e in grandissima
quantità rive1irono e adorarono il Papa”.
In questo modo gli ebrei di Ancona vollero
dimostrare al Papa la loro riconoscenza per le riconquistate libertà.
Altro periodo nero sopravvenne nel 1659,
quando Papa Alessandro VII, il senese Fabio Chigi, decretò che gli ebrei non
dovessero tenere “botteghe, fondachi, magazzeni o rimesse fuori del Ghetto”;
era vietato “pernottare fumi del Ghetto” dove ciascuno doveva rientrare “non
più tardi dell'una di notte e la mattina non poteva uscirne prima del giorno”
sotto pena di “scudi 50 e tre tratti di corda in pubblico gli uomini e dalla
frusta le donne”.
Dopo un lungo periodo di vicende tristi e meno
tristi, arriviamo agli ultimi anni del secolo XVIII e precisamente nel 1785. In
quell'anno si verificò nel Ghetto di Ancona una sommossa popolare che qui ci
piace ricordare: alcuni ebrei di povera condizione, che erano sistemati in
abitazioni malsane ed anguste, protestarono vivacemente contro quei loro
correligionari che, al contrario, occupavano case confortevoli e spaziose, per
di più composte da numerosissime stanze e usufruivano perfino del diritto di
pagare canoni bassissimi; ciò a causa dell'antica istituzione del “Jus Cazacà”
istituzione che pe1metteva loro di poter riaffittare a terzi anche patte di
queste grandi abitazioni, ricavandoci introiti assai esosi. A seguito di tale
fo1te malcontento dei ceti poveri residenti nel Ghetto, l'autorità
ecclesiastica, a cui si rivolsero con ripetute petizioni, fu costretta ad
intervenire nella vertenza e fu quindi concesso di allargare l'area del Ghetto
verso la zona alta di Capodimonte acquistando alcune case di cristiani, per poi
riaffittarle ai più poveri. Nel 1793, accadde un altro fatto increscioso, che
provocò una vera e propria insurrezione popolare contro gli ebrei di Ancona.
Infatti, un ricco ebreo, Sanson Costantini,
proprietario di una casa prospiciente la Chiesa della SS. Annunziata,
nell'attuale via Podesti, aveva fatto togliere dalla facciata di detta casa una
statuetta della Madonna e l'aveva fatta collocare, a sue spese, nel palazzo
comunale. Tale atto irritò enormemente un forte gruppo di popolani, la maggior
parte facchini e marinai che, rimossa la statua dalla sede comunale, volle riportarla
in solenne processione alla p1imitiva collocazione.
E così, dopo poco tempo, la comunità
israelitica di Ancona, che alla fine del 700 contava ben 1400 anime, si
apprestava ad accogliere la venuta di Napoleone Bonaparte in Italia.
Quando il 10 Febbraio 1797 giunse ad Ancona,
il Generale Bonaparte soppresse ogni antica istituzione, compresa la S. Inquisizione;
emanò un’ordinanza in cui all’articolo primo decretò che la città di Ancona
doveva essere amministrata da una Municipalità composta da quindici memb1i e
all'articolo tredicesimo si fissavano i nominativi dei componenti tale
Municipalità. Fra essi vi erano compresi ben tre cittadini ebrei: Sanson
Costantini, di cui abbiamo parlato sopra, David Morpurgo ed Ezechia Morpurgo, ricchi
esponenti dell'economia cittadina. Ezechia Morpurgo divenne poi Tribuno del
Dipartimento del Clitumno e in seguito fu anche nominato Senatore della
Repubblica Romana del 1798.
Uno dei primi atti della Municipalità, fu
quello di rimuovere i cancelli del Ghetto e di lasciar liberi tutti gli ebrei
di abitare ed esercitare i loro mestieri in qualsiasi luogo della città.
Purtroppo, questo aureo periodo, che veniva salutato dagli ebrei di Ancona con
manifestazioni di giubilo, doveva cessare dopo poco tempo. Infatti,
ripristinato il potere della Chiesa, il Cardinale Annibale Sermattei della
Genga, salito al trono col nome di Leone XII nel 1823, mise in uso tutte le
proibizioni di alcuni suoi predecessori: furono ricollocati i cancelli al
Ghetto; gli ebrei dovevano rientrare alle loro vecchie abitazioni nel recinto
del Ghetto stesso; era loro vietato pernottare fumi di detto recinto; furono ripristinati
gli antichi tributi.
Con le rivoluzioni del 1831 e del 1848, gli
ebrei anconitani riassaporarono ancora le bramate libertà, sebbene non
completamente come speravano. Ma finalmente, con la liberazione delle Marche da
parte delle truppe piemontesi e la successiva annessione di Ancona al regno
d'Italia nel 1860, fu suggellata la completa e stabile emancipazione
israelitica.
I periodi successivi, dalla prima Gue1rn
mondiale, dove molti ebrei anconitani si distinsero per esemplare patriottismo,
al periodo della dittatura fascista e nella seconda Guerra Mondiale, ove non
pochi nostri concittadini ebrei patirono sofferenze e umiliazioni, lasciando,
alcuni di essi, la vita nei campi di sterminio tedeschi, rientrano ormai nella
storia moderna.
Feroso G. Gli ebrei portoghesi giustiziati in Ancona sotto Paolo IV, Foligno, 1884, pag. 7.